Dal velo di ignoranza di Rawls ad una nuova idea di democrazia | I Domandony
«Nessuno conosce il suo posto nella società, la sua posizione di classe o il suo status sociale, la parte che il caso gli assegna nella suddivisione delle doti naturali, la sua intelligenza, forza e simili. Assumerò che le parti contraenti non sappiano nulla delle proprie concezioni del bene e delle proprie particolari propensioni psicologiche.»
Così scriveva nel 1971 il filosofo John Rawls in un trattato e oggi proviamo a capire cos’è il velo d’ignoranza e se per certi versi si è manifestato attraverso il sorteggio per il potere.
Nella secolare lotta filosofica fra contrattualisti (contratto sociale) e utilitaristi, nella seconda metà del ‘900 Rawls propose una “nuova” visione, dove per nuova si intende una rivisitazione di concetti già esposti in altri termini da altri suoi colleghi. Rawls suggerisce un esercizio mentale: immaginiamo una società che parte da zero e deve costituirsi; gli individui non sanno quale sarà il loro ruolo nella società come se su di loro fosse calato un velo d’ignoranza che non gli permette di sapere nulla di concreto; in compenso hanno però il potere di decidere come strutturare la comunità, che genere di leggi emanare, quale organizzazione dare alla vita politica e così via. Rawls a questo punto sostiene che in una situazione simile, ogni individuo non potendo favorire sé stesso, cercherebbe di creare una società quanto più egualitaria possibile. In altre parole, non sapendo se sarò un imprenditore benestante o un operaio di bassissimo livello, cercherò di agevolare i più svantaggiati dato che potrei essere uno di loro. Le uniche disuguaglianze possibili sarebbero quindi quelle a favore dei meno fortunati, come ad esempio una tassazione maggiore per i ricchi rispetto al ceto medio e medio-basso.
Ecco, questo è un esercizio mentale ma nella realtà abbiamo mica degli esempi che possano dimostrare la sua veridicità?
Nella storia ci sono stati almeno due importanti esempi di tentativi di livellazione del potere, nel senso che attraverso la tecnica del sorteggio si è tentato di eliminare la possibilità che qualcuno in particolare prevalesse sugli altri: l’antica Atene e la Repubblica di Venezia. Nella città-stato greca la democrazia era fortemente partecipativa e alcuni ruoli statali erano scelti attraverso un sorteggio fra i cittadini. La cosa funzionò per secoli ma ovviamente dobbiamo prendere questo caso con le pinze: tutti i cittadini erano papabili per una carica? Ovviamente no, solo gli uomini, e nemmeno tutti: solo quelli con certe caratteristiche, ovvero circa un quarto della popolazione maschile. Inoltre, funzionava su una base culturale comune che permetteva a tutti di remare verso gli stessi obiettivi.
Poi abbiamo il caso veneziano. Anche nella Repubblica molti incarichi venivano assegnati tramite sorteggio e questo ha permesso a Venezia di sopravvivere e prosperare molto più a lungo di altre realtà simili alla sua. Anche qui però dobbiamo andarci coi piedi di piombo poiché il potere veniva costantemente rimbalzato tra le famiglie più ricche ed influenti, non propriamente fra tutti i cittadini; ma proprio questo sistema di sorteggi continui non permetteva ad alcuna dinastia di accaparrarsi il trono per un tempo illimitato o di conquistare uno strapotere soverchiante.
Ancora oggi abbiamo esempi di “veli di ignoranza”, come la Corte d’Assise composta da otto membri, di cui sei sorteggiati fra cittadini dai 30 ai 65anni; o le giurie popolari nei tribunali statunitensi. Ma sarebbe possibile avere un paese completamente governato per sorteggio?
I benefici a livello teorico possono essere molti: la corruzione sarebbe più difficile, l’eventuale parlamento sarebbe più attento ad aspetti che nel dibattito spesso si perdono, le infiltrazioni criminali o il lobbysmo negativo verrebbe indebolito in maniera decisiva. Ci sono poi proposte come quella di Carmelo Maria Durante che puntano a una democrazia aleatoria basata su 47 punti e su una selezione in base al merito. Un’altra idea è quella esposta da un team multidisciplinare dell’Università di Catania che, attraverso una simulazione computerizzata, ha dimostrato che una certa quota di parlamentari sorteggiati casualmente porterebbe benefici ad un Parlamento.
Non mancano ovviamente le critiche: se chiunque può essere selezionato, non significa che tutti abbiano le stesse qualità, la stessa cultura, le stesse informazioni e così via. Il politico di professione idealmente dovrebbe essere qualcuno di preparato e di informato sulle questioni su cui dovrà esprimersi, ma il cittadino comune questo non può farlo. E ancora, non è detto che una siffatta selezione riesca ad individuare cittadini con degli interessi sempre diversi; se ad esempio vengono scelti per più mandati di fila degli imprenditori/dipendenti/grandi industriali/altro, cercheranno di portare l’acqua al proprio mulino senza un vero e proprio contrasto. Mancherebbe poi la legittimazione popolare che deriva dalle elezioni e non è una questione da poco: di solito queste cose finiscono con delle guerre civili.
Ci sarebbero altre critiche ma stiamo andando troppo per le lunghe; se volete approfondire trovate tutto nei da queste parti. In generale però abbiamo visto come in un certo senso la proposta di Rawls non è poi così assurda.
Dal velo di ignoranza di Rawls ad una nuova idea di democrazia | I Domandony
Reviewed by Antonio Emmanuello
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