Mino o ahosi: le vere amazzoni di Dahomey (Africa) | I Domandony


La mitologia greca ha riccamente parlato delle guerriere amazzoni che combattevano con ferocia e coraggio. Quello che spesso però non viene ricordato dalla cultura popolare è che i greci non vedessero di buon grado quelle guerriere poiché erano percepite un po’ come delle sbandate in una società fortemente maschilista. Ma se le amazzoni greche non destarono troppo favore in casa, il loro nome è stato in qualche modo rivalutato altrove qualche secolo più tardi: oggi vediamo chi furono le amazzoni di Dahomey.

Nel Golfo di Guinea, Africa occidentale, c’è un paese che oggi è chiamato Benin ma che per trecento anni è stato conosciuto come regno di Dahomey. Dal 1600, periodo della fondazione, al 1904, momento della conquista francese, lì vissero i Fon, una popolazione piuttosto litigiosa che venne coinvolta in parecchie diatribe fra tribù locali. Un po’ come nell’immaginario spartano, anche il popolo dei Fon era particolarmente legato all’arte della guerra, soprattutto a partire dal regno di Ghezo, sovrano tra il 1818 e il ’58. Ma già da ben prima era lì presente un esercito e in questo militavano anche le donne.

Secondo quelle che possono essere considerate delle semplici leggende, re Hougbadja nel 17esimo secolo istituì un corpo tutto al femminile di cacciatrici di elefanti e da lì sembra sia emerso il corpo delle amazzoni. A proposito, prima di andare avanti è d’obbligo precisare che questa parola, cioè amazzoni, non è affatto originale dei Fon, ma venne usata dagli osservatori occidentali; i Fon infatti usavano due termini per riferirsi alle guerriere, cioè Mino, ovvero “le nostre madri” oppure ahosi, cioè “le mogli del re”. In riferimento a quest’ultimo nome va precisato che le soldatesse fossero legalmente sposate con il re, ma per pura formalità dato che molte erano persino vergini.

Spostandoci leggermente più avanti nel tempo, fu solo ad inizio 18esimo secolo che il corpo di cacciatrici divenne parte dell’esercito; la forse mitica regina Hangbe infatti istituì una guardia reale tutta al femminile e qualche anno più tardi suo fratello sfruttò quel corpo in battaglia contro il regno dei Savi. Con il sopraccitato re Ghezo, l’esercito acquisì sempre maggiore rilievo all’interno della società, tanto che quello delle Mino divenne un corpo quasi sacro e mistico. Questo certamente non deve stupire data l’associazione che venne creata con la religione Vudù che poteva essere a modo suo crudele e belligerante.

A questo punto vi starete giustamente chiedendo come si entrava a far parte delle amazzoni. Una donna libera poteva essere reclutata fin da bambina, intorno agli 8 anni, e seguiva un addestramento molto faticoso e severo; oppure poteva trattarsi di figlie di schiavi (i Fon commerciavano schiavi con l’occidente); o ancora, potevano essere arruolate con la forza se il padre o il marito si lamentavano del loro comportamento. L’allenamento prevedeva lo sviluppo di una serie di caratteristiche fisiche e morali adatte alla guerra: la resistenza al dolore, alla fame, alla fatica; venivano allenati i muscoli e le tecniche di combattimento all’arma bianca e alle armi da tiro, sia arco che fucile (tra l’altro per qualche motivo usavano quest’ultimo appoggiandolo sui fianchi invece che sulla spalla). In generale far parte delle ahosi era un privilegio e un onore che garantiva una posizione privilegiata rispetto sia alle altre donne che a molti degli uomini; infatti le amazzoni rivestivano un ruolo importante anche nel Grande Concilio e si esprimevano sulle decisioni rilevanti per il regno.

Nel 19esimo secolo le amazzoni costituivano un terzo dell’esercito del regno e riportarono parecchie vittorie in casa; purtroppo la loro forza si rivelò inutile contro la superiorità bellica europea ma nonostante questo i cronisti riportano il valore di quelle guerriere che anche senza nessuna speranza affrontavano il nemico con audacia. Quando il regno di Dahomey divenne un protettorato francese il corpo delle Mino venne smantellato e le donne dovettero trovarsi una vita alternativa che non avevano mai immaginato; molte – si dice – non sono mai riuscite ad integrarsi perfettamente nella società civile, attaccate come erano alla loro vita militare.

Prima di concludere però ci tocca una nota possibilmente amara. Se tutto questo ci sembra una sorta di simbolo di riscatto della femminilità contro l’oppressione maschilista, forse tocca rivalutare la questione; uno dei canti di guerra delle amazzoni dice le seguenti parole che lasciano intendere una sorta di negazione del proprio sesso:

come il fabbro prende una sbarra di ferro e col fuoco cambia la sua forma, così abbiamo noi cambiato la nostra natura. Non siamo più donne, siamo uomini”.

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