Il progetto MAME: un museo informatico fra pirateria e persistenza della memoria | I Domandony
Multiple Arcade Machine Emulator
è uno dei più conosciuti emulatori per computer; nato alla vigilia di natale
del 1996 per mano di un ingegnere italiano, Nicola Salmoria, MAME si è imposto
l’obbiettivo di conservare la memoria dei videogiochi arcade, quelli tipici dei
cabinati delle sale giochi o dei bar. Infatti, i supporti fisici di questi
videogiochi presto o tardi potrebbero rompersi o perdersi poiché non tutti hanno
avuto il successo di Pacman, Space Invaders o di Super Mario; molti titoli sono infatti
semisconosciuti, soprattutto per le generazioni più recenti che non ci hanno mai
giocato e quindi non è affatto detto che ci sia un vero interesse economico o
culturale per preservarli. MAME risponde esattamente a questa esigenza storica e
lo fa emulando l’ambiente hardware e software originale.
Un emulatore, in pochissime e
brutte parole, non fa altro che imitare l’hardware o il software di una
piattaforma su un altro dispositivo; in altri termini, un semplice pc di casa
può imitare i circuiti o il sistema operativo di un cabinato in modo che un
programma scritto con un linguaggio non adatto al nostro pc possa essere letto
tranquillamente senza dover ricorrere al dispositivo originale. Si, in effetti
sembra un po’ magia per chi non ci capisce poi molto di informatica (tipo me,
ma ssshhh).
Se inizialmente il progetto MAME è
stato sviluppato da una singola persona, già nel 1997 subentrò Mirko Buffoni,
amico di Salmoria, e poi David Haywood, Angelo Salese, Aaron Giles e nel giro
di oltre vent’anni occupa a titolo gratuito migliaia di sviluppatori in tutto
il mondo. E non dimentichiamoci di una community ancora più ampia.
Ai più pignoli e attenti potrebbe
giustamente sorgere una domanda legale e morale: ma il copyright dei giochi originali?
Beh, certo, questo è un problema che però non tocca direttamente MAME. Il programma
infatti è soltanto un emulatore, cioè un semplice ambiente a cui vanno aggiunte
le ROM (Read Only Memory), cioè ogni tipo di memoria, come le cassette, i CD o i
DVD, su cui sono registrati i giochi originali. Oggi ovviamente i giochi possono
anche essere semplicemente dei file (in gergo “immagini”) da lanciare dentro l’emulatore,
ma in ogni caso l’utente che vuole utilizzare un determinato software deve
procurarsi la licenza originale. Nella pratica, molte di queste ROM sono
ovviamente piratate, ma ci sono detentori dei diritti originali particolarmente
lungimiranti che hanno volontariamente concesso al progetto di utilizzare i
propri giochi liberamente. Bisogna inoltre considerare che MAME non persegue
nessuna finalità economica, dunque non guadagna un singolo centesimo dai giochi
legali o piratati.
Oggi MAME ha una miriade di
versioni diverse, di ottimizzazioni per differenti sistemi operativi, il suo
codice è QUASI open source e dunque gli sviluppatori possono farci praticamente
quello che vogliono. Diciamo QUASI poiché MAME viene rilasciato con una clausola
di non-commerciabilità, cioè le attività lucrative, come i bar che vogliono
mettere dei videogiochi a disposizione del cliente, non possono utilizzare MAME
per un proprio guadagno. Dato che questo non rispetta le condizioni dell’OSI (Open Source Initiative), MAME non è del tutto un software libero, ma il suo codice
in buona sostanza lo è.
Con i suoi aggiornamenti costanti
ogni ultimo mercoledì del mese, MAME ha l’obbiettivo di combattere contro un
gigantesco principio della cultura del consumismo: l’obsolescenza digitale. Se
accettiamo che i videogiochi siano parte della cultura come il resto dell’intrattenimento,
MAME è quindi la cosa più vicina ad un museo del gaming che possiamo
immaginare.
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