Breve storia della lana (e di altre cose indossabili) | I Domandony
Circondati da schermi, computer, vetri, cemento e altre diavolerie più o meno moderne, talvolta capita di scordarsi che tutti i giorni (o quasi) usiamo una tecnologia antichissima che è stata ben più utile all’umanità. Oggi vediamo la storia della lana prendendola alla larghissima, ma proprio da una galassia lontana lontana.
Circa 170mila anni fa comparve il
pidocchio del corpo (Pediculus humanus corporis) divergendo dal pidocchio del capo
(Pediculus humanus capitis). Una cosa da nulla, si potrebbe pensare, ma i
ricercatori ritengono che questa potrebbe essere la prova che i nostri antenati
ad un certo punto circa 170mila anni fa decisero di indossare vestiti. Altre
teorie fanno risalire tale comportamento a ben prima arrivando a datare il
vestiario a circa 500mila anni fa. Se quest’ultima affermazione fosse vera, significherebbe
che i vestiti non sono una cosa da sapiens e la cosa non stupirebbe poi troppo:
i primi attrezzi utili per confezionare abiti risalirebbero ai nostri cugini
denisova e nello specifico stiamo parlando di alcuni aghi da cucito di almeno
50mila anni fa trovati in Siberia. Circa venticinquemila anni più tardi
comparve uno dei primi esempi di raffigurazione di tessuti nella Venere paleolitica trovata a Lespugue, in Francia.
Ecco, bello, ma di che tessuti
stiamo parlando? A quei tempi probabilmente il materiale più utilizzato era il
lino comune di cui abbiamo prove databili ad almeno 30mila anni fa, ma non era
l’unico. Un altro materiale tipico era il feltro che non è un tessuto propriamente detto, ma è il risultato della pressatura di fibre vegetali e/o pelo
animale.
Ben più tardi comparve il nostro
soggetto, la lana. Questa ha origine animale e soprattutto ovina anche se non mancano altri tipi di lana provenienti da capre, cammelli e dromedari nonché da alpaca e lama. La pecora ha ricoperto questo ruolo non di certo per propria
volontà, ma solo perché è stata tra i primi animali domesticati dall’uomo. E
ora una (piccola) digressione che stavamo tutti aspettando: la domesticazione
degli animali in generale non è iniziata con recinzioni e fattorie, ma tenendoli
d’occhio da lontano. Dapprima gli umani semplicemente difendevano dai predatori
degli animali in cattività in modo da poterli cacciare in un secondo momento. Questo
processo col tempo e con una sempre maggiore strutturazione delle civiltà
divenne più rigido. Il passaggio successivo fu quello di riunire le bestie in
vallate ben osservabili così da controllare sempre la loro posizione; dopodiché
si passò a costruire degli spazi appositi dove farle crescere al meglio. Al
meglio per noi ovviamente. In tutto questo processo millenario, i nostri
antenati selezionarono via via gli esemplari più utili e più facili da
allevare. Tra le tante caratteristiche selezionate ci fu proprio la lana: in origine,
infatti, le pecore erano più pelose che lanose.
Questo processo dovrebbe essere
iniziato circa 8mila anni fa e si sviluppò principalmente in Medioriente e solo
successivamente arrivò in Europa (circa nel quarto millennio a. C.). Se
parliamo di ritrovamenti archeologici invece la lana più antica di cui
disponiamo risale ad un periodo compreso fra 4mila e 3400 anni fa e il suddetto
frammento è stato rinvenuto in Egitto. Questo brandello, tra l’altro,
testimonia il lungo tragitto che la conoscenza della tessitura della lana già a
quel tempo aveva percorso. Il reperto europeo più antico invece è stato
ritrovato con il corpo di una mummia di palude danese risalente a circa 3500
anni fa. Infine, e per concludere la storia dei primordi della lana, va
specificata un’ultima cosa: quello della raccolta della lana doveva essere un
lavoro fastidioso e difficile, sia per l’umano che per le povere bestie;
infatti non esistevano cesoie prima dell’età del ferro e quindi veniva
strappata manualmente a ciuffetti.
A questo punto la storia si fa un
po’ più “noiosa” perché diventa prevedibile: ai tempi dei romani la lana e la
pelle di pecora erano i due materiali che indossavano più o meno tutti in Europa,
mentre l’India era qualche passo avanti con il cotone (conosciuto dalle nostre
parti solo come stranezza) e in Cina si parlava già di seta, materiale di super
lusso. Dal canto suo l’Italia – ci dice Plinio il Vecchio - si poteva vantare dell’alta
qualità della propria lana proveniente da Taranto anche se più tardi, nel
medioevo, fu quella di Provins (Francia) a essere particolarmente apprezzata, tanto
che veniva esportata in tutto il continente ma anche a Costantinopoli (Turchia)
Nel basso medioevo il commercio della
lana era un affare da big money e portò molto lavoro sia al Bel Paese che ai Paesi
Bassi tanto che commercianti “qualunque” come la famiglia Medici divennero i signori
di grandi città. Tra le altre cose, entrambi i territori non lavoravano unicamente
la materia prima prodotta in casa, ma prendevano la lana grezza direttamente
dalla corona inglese che di quel commercio beneficiò così tanto che divenne un
simbolo: ad esempio il presidente (lord speaker) della Camera dei Lord siede
sulla cosiddetta “woolsack”, uno scranno imbottito di lana (in realtà nel 1938 restaurandola
si scoprì che era imbottita di peli di cavallo. Quantomeno ironico, no?). Ad un
certo punto l’Inghilterra divenne così brava nella produzione tessile da generare
il 10% della lana mondiale.
Con l’arrivo dell’era coloniale,
la produzione della lana si spostò oltreoceano e soprattutto in Australia dove l’economia
si basava ampiamente sulle pecore. Arrivati al ventesimo secolo la lana è stata
parzialmente soppiantata da altri tessuti, principalmente da quelli sintetici e
meno costosi. Il risultato è stata una richiesta sempre minore e un crollo del
prezzo pari a circa il 40%. Questo però non significa che oggi sia stata
completamente abbandonata e sembra che ci sia una controtendenza verso il
ritorno alle fibre di origine naturale.
Con le sue due milioni di
tonnellate, oggi la lana copre circa il 3% del mercato dei tessuti. Ogni kg di questa nuova lana produce circa 6500 kg di CO2 e consuma un sacco di acqua. Ma ci
sono delle alternative in ottica di economia circolare, come la lana rigenerata
che abbatte del 90% l’uso di acqua e produce solo 100 grammi di CO2 ogni kg di
prodotto.
Nessun commento