Il mistero del tempio di Dendera: lampadine elettriche nell’antico Egitto? | I Domandony
Se per caso sei riuscito a vivere
l’era di internet prima dell’avvento dei social network, forse ti ricorderai di
qualche sito strampalato e con grafiche vecchie già ai tempi che sparava
vaccate di ogni genere. Fra questi il mio preferito è stato Menphis75, cioè la
versione HTML di Voyager su Rai 2: un pastone di mezze verità, incomprensioni, un
sacco di fregnacce e complottismo spicciolo. Ecco, su questa falsa riga oggi proviamo
a scoprire il mistero non molto misterioso del tempio di Dendera: che ci fanno
delle lampadine elettriche nell’antico Egitto?
Prima di iniziare famo la solita,
ciclopica digressione che prima o poi tornerà utile: siamo ormai abituati a
sentir parlare quotidianamente di pseudoscienza e pseudomedicina ma il
tentativo di trovare alternative al parere professionale della comunità
scientifica (qualunque scienza essa sia) non è affatto una novità. Anche la storia e l’archeologia hanno avuto letture e riletture da parte di persone e
personaggi fuori dal coro che presentavano visioni contrastanti con la realtà
solitamente riconosciuta dai più. Se parliamo di archeologia misteriosa, il suo
fondatore ideale è Charles Fort che a cavallo tra ‘800 e ‘900 si mise a
collezionare storie e fatti particolari e apparentemente inspiegabili
pubblicati su riviste e giornali. Di esempi di criptoarcheologia ce ne sono a
bizzeffe e sicuramente ne abbiamo sentito parlare un po’ tutti: dalla colonna di ferro di Qutb a Stonehenge, dal mortaio con pestello risalente a30-50milioni di anni fa fino alla batteria di Baghdad. Un caso interessante è
poi quello a cui accennavamo in apertura e di cui nelle prossime righe
proveremo a capirci qualcosa.
Il complesso del tempio di Dendera
- chi l’avrebbe mai detto – è un tempio egizio che si trova nella città di
Dendera che - guarda un po’ – è proprio ubicata in Egitto. La zona su cui sorge
il tempio è abitata fin dalla preistoria e ci sono resti risalenti per lo meno
al 2250 a.C. cioè al tempo del faraone Pepi I. Nella zona vasta circa 40mila
metri quadrati è presente una costellazione di edifici rituali e misterici tra
cui il mammisi (struttura che rappresentava la nascita delle divinità), il
sanatorium, e una serie di tombe matsaba cioè una specie di antenate delle
piramidi (sono infatti piramidi con la sola base da cui successivamente si
svilupparono le piramidi “moderne”). Detto ciò, le strutture che sono ancora
visibili e ben conservate (tra le migliori in campo egiziano in verità)
risalgono al periodo tolemaico-romano, quindi circa ai primi secoli a.C. (per
lo meno dal IV in poi) anche se spesso le costruzioni superficiali sorgono a loro
volta sopra edifici di vari secoli più vecchi.
Il polo principale del complesso
è quello voluto dall’imperatore Traiano e cioè il tempio di Hathor, dea dell’amore,
della gioia, della maternità e della bellezza. Qui è possibile trovare un particolare
bassorilievo che è stato definito “l’unica mappa completa di un cielo antico di
cui disponiamo”; si tratta infatti di un bassorilievo riguardante lo zodiaco e
in particolare le costellazioni del Toro e della Bilancia. Si possono poi
notare i pianeti Sebeg, Netjerduai, Hordesher, Horuepeshtaui e Horkapet, cioè
Mercurio, Venere, Marte, Giove e Saturno. Grazie alla loro particolarissima
posizione, oggi sappiamo a che momento fa riferimento lo zodiaco di Dendera ma
per anni la datazione ha alimentato una diatriba che vedeva da una parte il
matematico e fisico francese Joseph Fourier che negli anni ’20 dell’800 sancì
che quello zodiaco facesse riferimento al 2500 a.C. e dall’altra parte ci stava
invece l’archeologo Jean-François Champollion che propose come data un periodo
tra il 123 e il 147 a.C..
Soltanto più tardi, grazie alle
simulazioni al computer della volta celeste, i ricercatori Sylvie Cauville e Éric
Aubourg riuscirono a risalire alla data corretta: l’anno 50 a.C.. Ma non è
tutto: oltre alla posizione dei pianeti, due elementi sono stati fondamentali
per questo risultato; ci sono infatti ben due eclissi raffigurate, una solare
risalente al 25 marzo del 51 a.C. e una lunare del 25 settembre 52 a.C..
Ma ora arriviamo finalmente alla
criptoarcheologia: le lampade di Dendera.
Nonostante la lampadina sia stata
inventata mooolti secoli più tardi, in alcuni bassorilievi nel tempio di Hathor
si possono vedere chiaramente due lampadine ad incandescenza. O almeno, questo
è quello che ci vorrebbero vedere alcuni, ma gli storici non sono troppo d’accordo.
Secondo le interpretazioni più quotate, quelle luci giganti (con tanto di cavo
di alimentazione), non sarebbero altro che fiori di loto con in mezzo il serpente
primordiale che, come raccontano i miti egizi, proprio da quel fiore nasce e
porta la vita.
Nulla di misterioso dunque ma, giusto
per spezzare un’inutile lancia in favore degli pseudoarcheologi, in effetti a
primo impatto quei due bassorilievi ricordano davvero due tubi di Crookes, cioè
tubi vuoti ideati e usati dal fisico William Crookes per studiare la
luminescenza del fosforo. Purtroppo, dunque, non c’è nulla di vero nell’ipotesi
di tecnologia avanzata ai tempi degli egizi.
In tutto ciò, una cosa è però
davvero un mistero: dove sono finite molte delle opere del complesso? Se il
vero zodiaco lo si può vedere al Louvre di Parigi dopo essere stato trafugato durante
le campagne napoleoniche e sostituito con una copia, dei bassorilievi vicini a
quelli rappresentanti le presunte lampade non se ne sa più nulla da ormai molto
tempo ed è un vero peccato.
Grz per i tuoi articoli sono sempre molto utili
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