Elysia chlorotica: la lumaca di mare a energia solare che non smette di stupire | I Domandony
Sopraffatta dal cambiamento climatico che si sta già abbattendo sul nostro pianeta, la stessa tecnologia che ha contribuito al problema, sta oggi cercando di cambiare il colore della mano come se fossimo dentro ad una partita di UNO. Fonti alternative, economia circolare, auto elettriche: il verde sarà presto un obbligo. «Sai che novità» - starà pensando madre natura – «questi ibridi “ecologici” li faccio da milioni di anni!». Se siete confusi, capirete benissimo cosa devono aver provato quelli che per primi hanno capito cosa avessero davanti guardando l’incredibile Elysia chlorotica, la lumaca di mare ad energia solare.
Un po’ di dati tecnici che ci
dimenticheremo subito: l’Elysia chlorotica è un mollusco sacoglosso (superordine
di molluschi gasteropodi) della famiglia dei Plakobranchidae (una
famiglia che comprende solo altri tre generi oltre alla nostra Elysia). Non è
particolarmente grande, ma se avete buona vista e volete vederla vi tocca cercarla
lungo la costa del Nord America orientale (dal Texas, USA, fino alla
Nuova Scozia, in Canada).
Tra le sue peculiarità c’è il
fatto che l’Elysia è ermafrodita e dunque produce sia sperma che uova (gameti sessuali femminili) senza però praticare l’auto fertilizzazione; tendenzialmente
l’Elysia preferisce infatti procreare in coppia: una delle due parti rilascia il
seme all’interno del corpo dell’altra e poi le uova fertilizzate vengono
rilasciate in lunghe corde. Una volta dischiuse, il giovane esemplare di Elysia
si presenta di un olore bruno con macchie rossastre, ma crescendo e nutrendosi
di alghe acquista una bella tonalità verde accesa. Non avendo a disposizione
nessun’altra corazza, questo colore diventa super utile anche per difendersi
dai predatori poiché permette alla lumaca di mimetizzarsi fra le tante piante
del fondale marino.
Questo verde però non è un
semplice pigmento, ma è la vera essenza dell’Elysia. A cosa è dovuto, vi
starete chiedendo: alla clorofilla dell’alga Vaucheria litorea, l’alimento
principale della nostra lumaca. Questa, infatti, si ciba della clorofilla
attraverso la radula, cioè la bocca tipica dei gasteropodi (altro modo
di chiamare le lumache) e con questa riesce a succhiare via i plastidi
direttamente dalle foglie. Per questo suo peculiare modo di nutrirsi, la Elysia
fa parte dei Kleptoplastidi, cioè dei ladri di plastidi. I plastidi, di cui i cloroplasti fanno parte,
sono organuli presenti nelle cellule delle piante e permettono il fenomeno della
fotosintesi clorofilliana. Ed è qui che si arriva alla parte interessante:
in poche parole non assolutamente esaustive, le piante sono in grado di
sfruttare la luce solare per innescare un processo chimico di trasformazione
dei nutrimenti grezzi in carboidrati e dunque in sostentamento.
Ecco, questa stessa cosa la fa anche
la nostra Elysia rubando i cloroplasti alle alghe attraverso un processo
chiamato fagocitosi: le cellule vegetali vengono inglobate dalle cellule
della lumaca. In questo modo come in una storia fantasy in cui il cattivo di
turno riesce a succhiare via i poteri dell’eroe, così un animale riesce a
sfruttare delle cellule vegetali per assorbirne le capacità. Il risultato è
quindi che un animale si comporta da pianta, sfrutta la luce del sole
per assorbire energia. E proprio grazie a questo stratagemma l’Elysia
chlorotica può stare senza mangiare (nel senso stresso della parola, cioè attraverso
la radula) per molti mesi (circa 9/10 secondo le osservazioni). La loro resistenza
è davvero estrema e qui non ha senso addentrarci eccessivamente nella
questione, ma in laboratorio si è dimostrato che l’Elysia può sopravvivere per
molte settimane anche in assenza di luce, perdendo peso allo stesso ritmo di
quelle esposte ad una fonte di illuminazione (potete approfondire con i link nelle
fonti)
Se tutto ciò non fosse ancora
abbastanza elettrizzante, le doti della Elysia potrebbero essere particolarmente
interessanti anche per la medicina umana. Secondo lo studio “Fish Labeling
Reveals a Horizontally Transferred Algal (Vaucheria litorea) Nuclear Gene on a
Sea Slug (Elysia chlorotica) Chromosome”, pubblicato su The Bulletin Biologica da un team dal Marine Biological
Laboratory del Woods Hole (un polo di ricerca oceanografica): «La lumaca
ruba i geni dalle alghe che mangia; questi geni - contenuti nei cromosomi
sopraccitati - contribuiscono a sostenere i processi fotosintetici all'interno
della lumaca e gli forniscono tutto l'energia di cui ha bisogno. È importante
sottolineare che questo è uno dei soli esempi noti di trasferimento genico
funzionale da una specie multicellulare all'altra, cosa che è l’obiettivo della
terapia genica per correggere malattie su base genetica nell'uomo». Tradotto
significa qualcosa del genere: se riusciamo a capirci qualcosa, riusciremo a
manipolare geneticamente anche le malattie che colpiscono l’essere umano.
A riportarci con i piedi per terra
però ci pensa il professor Sidney K. Pierce dell'Università del
Maryland (USA) che si pone una giusta domanda: «Una lumaca di mare è un
buon modello biologico per una terapia umana? Probabilmente no. Ma capire il
meccanismo di questo trasferimento naturale di geni potrebbe essere molto istruttivo
per applicazioni mediche future».
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