Effetto bouba/kiki: la forma delle cose influenza il nostro modo di chiamarle | I Domandony


Oggi faremo un piccolo esperimento: guardate le due forme nell’immagine qua sopra e scegliete quale nome dargli. Le possibilità sono takete/kiki OPPURE baluba/bouba. Se volete fatemi sapere la vostra scelta nei commenti ma ora bando alle ciance e vediamo che cos’è l’effetto bouba/kiki.

Nato da un’idea dello psicologo Wolfgang Kohler nel 1929, l’esperimento originale consisteva nell’associare due termini senza senso a due forme come quelle mostrate nell’immagine. Per qualche motivo bizzarro buona parte dei partecipanti scelse il termine “baluba” per la forma arrotondata e “takete” per quella spigolosa. Kohler non si preoccupò troppo della questione e ci vollero una settantina d’anni prima che qualcuno se ne occupasse. Nello specifico ci lavorarono nel 2001 i ricercatori Ramachandran e Hubbard che stavolta preferirono utilizzare i termini “kiki” e “bouba”; presero due campioni, uno negli Stati Uniti e uno in India (fra parlanti di lingua tamil). Entrambi i gruppi ebbero risultati simili e cioè una fetta fra il 95 e il 98% delle persone pensava che “bouba” si riferisse alla forma arrotondata e “kiki” alla forma spigolosa. 

Sulla stessa idea lavorò anche Daphne Maurer verificando il processo persino sui bambini di due anni e mezzo. Ozturk e i suoi colleghi si spinsero addirittura a studiare la reazione di bambini di appena 4 mesi riscontrando come questo bias linguistico (errore logico) fosse presente fin dalla primissima infanzia. Un esperimento di natura simile può essere fatto anche con parole esistenti come i nomi propri; ad esempio, secondo alcuni studi, siamo più portati ad associare il nome Molly ad una donna più rotonda mentre Kate è più affine ad una donna più slanciata e magra. Stessa cosa vale per la personalità: una Molly richiama una persona simpatica e dolce, mentre una Kate è chiaramente una str***a (ndr: potrebbe non essere scientificamente attendibile). 

A questo punto vi starete chiedendo come mai sia un effetto così diffuso. La risposta semplice è che ha un po’ a che fare con la sinestesia.

La sinestesia può essere definita come un’invasione di campo fra i nostri sensi: i colori diventano odori, i sapori diventano suoni, i numeri diventano tonalità. Allo stesso modo, inconsciamente associamo ai movimenti della nostra bocca delle forme e ciò riscriverebbe completamente le regole della fonosemantica. Tendenzialmente si ritiene che le parole si siano formate in maniera casuale, dove per casuale si intende che ad un certo punto un grugnito si è articolato fino a diventare un suono ben preciso e riconoscibile. Ma se prendiamo per buono l’effetto bouba/kiki, è molto probabile che la fonetica sia stata fortemente influenzata dalle forme del mondo.

Per questo motivo è stato necessario individuare un nuovo termine al fenomeno generale che potrebbe spiegare un simile effetto: l’ideastesia. Se infatti alla base della sinestesia c’è una commistione fra campi diversi, l’ideastesia fonda le sue basi sul fatto che ci sia un comune campo semantico a connettere due soggetti, in questo caso forma e parole si ritrovano nei movimenti della nostra bocca.
 
Lo studio di questo effetto è ancora molto accesso e risalgono soltanto al 2019 i primi esperimenti con la risonanza magnetica, studi che hanno rivelato una peculiare attivazione delle parti del cervello adibite all’elaborazione dei suoni, cosa che suggerisce ancora una volta l’effettiva esistenza di quella sinestesia o ideastesia di cui abbiamo parlato. Altri esperimenti si sono invece concentrati sulla correlazione tra la lunghezza delle vocali o sulla durezza delle consonanti scoprendo come vocali lunghe richiamino alla mente oggetti affusolati e vocali corte siano associate ad oggetti più compatti. Una cosa abbastanza chiara è però l’importanza dell’esperienza sensoriale e in particolare della vista poiché l’effetto non sembra funzionare con le persone cieche. Allo stesso modo, ma per motivi decisamente diversi, l’effetto bouba/kiki non ha gli stessi valori fra chi è affetto da autismo o in particolari gruppi di lingue che non riescono ad associare in maniera definitiva delle parole inesistenti con delle forme specifiche. 

E quindi voi come avevate risposto alla domanda iniziale?

Effetto bouba/kiki: la forma delle cose influenza il nostro modo di chiamarle | I Domandony Effetto bouba/kiki: la forma delle cose influenza il nostro modo di chiamarle | I Domandony Reviewed by Antonio Emmanuello on 14:21:00 Rating: 5

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