I rëbra sovietici: lastre radiografiche per musica sovversiva | I Domandony

Delle stravaganti iniziative risalenti alla Russia sovietica si potrebbe parlare a non finire. Dal contrabbando di jeans fino allo scambio di navi da guerra con la Pepsi, ma oggi parliamo di come la musica proibita arrivasse nelle case russe sfidando il potere: i rëbra.

Lo so, lo sappiamo tutti ma facciamo lo stesso questo preambolo: dopo la fine della Seconda guerra mondiale avvenne una profonda spaccatura ideologica fra le due superpotenze uscite vincitrici dal conflitto. La politica comunista fronteggiò quella capitalista su ogni aspetto della vita, quotidiana e non, culturale e materiale. Nel concreto l’Unione Sovietica chiuse il proprio popolo all’interno dei suoi stessi confini e proibì ogni tipo di influenza esterna, cercando però contemporaneamente di influenzare paesi come l’Italia o la Francia che avevano partiti socialisti e comunisti particolarmente influenti nella politica nazionale. Il divieto imposto dal governo centrale, per quanto rendesse tutto pericoloso e complicato, non poteva di certo fermare la volontà di chi aveva abbastanza coraggio (o incoscienza) di provare ad aver un assaggio di vita occidentale.

Fu così che fra gli anni ’50 e ’60 nacquero i rëbra o i rentgenizdat (letteralmente: raggi X + pubblicare), cioè dei dischi pirata molto particolari: venivano prodotti utilizzando delle lastre per le radiografie e infatti non è difficile trovare delle copie su cui sono impresse le immagini di qualche arto. Queste lastre venivano comprate dai medici o recuperate dai cestini della spazzatura nei dintorni degli ospedali; dopodiché bisognava tagliarle in dischetti da 7 pollici e bucarli in mezzo, cosa che spesso avveniva nella maniera più stereotipata possibile: con una sigaretta accesa. Per quanto riguarda le incisioni, si cade un po’ nella leggenda: i dischi venivano incisi a 78 giri usando macchine realizzate da misteriosi cospiratori molto abili. Non a caso si parla di “cospiratori” visto che questa pratica venne duramente osteggiata dal governo dato che permetteva di importare in URSS la musica occidentale e, ancora peggio, quella americana. E di certo non si poteva poi escludere che venisse incisa della propaganda sovversiva.

Probabilmente vi starete chiedendo com’è possibile che delle lastre radiografiche potessero emettere alcunché, dunque spieghiamo in soldoni come funziona un “microsolco”. I dischi, che di solito sono realizzati in vinile ma nel caso dei rëbra erano in plastica ricoperta da nitrato d’argento, non sono altro che una superficie ricoperta da una serie di incisioni molto precise che in base alle loro caratteristiche possono essere lette. Il tutto avviene in maniera analogica tramite il movimento di una puntina, in diamante o altro materiale sintetico, sorretta da un braccio di lettura; qui bisogna però distinguere due sistemi: quello piezoelettrico sfrutta le proprietà fisiche di alcuni cristalli, cioè quella di trasformare l’energia cinetica in segnale elettrico. Il segnale è piuttosto sporco e infatti la qualità di riproduzione lasciava abbastanza a desiderare, però era a buon mercato. Il secondo sistema comprende due varianti, quella con magnete mobile e quella con bobina mobile. Attraverso l’induzione elettromagnetica il movimento della testina viene tradotto in segnali elettromagnetici. Tutti questi segnali generati dal passaggio sul disco vengono quindi mandati ad un trasduttore o fonorivelatore che traduce i segnali in musica. A questo punto bisogna trasferire tutto ad un amplificatore che porta il segnale finale agli altoparlanti. Oggi ci sarebbe anche un terzo tipo di lettura, quella con il laser che permetterebbe di non rovinare i dischi con il raschiare della puntina.

E proprio con l’usura torniamo ai nostri rëbra. Essendo un materiale assolutamente scadente per quel tipo di utilizzo, i dischi sovietici finivano per consumarsi entro 5/10 utilizzi; la qualità sonora poi era terribile e il rischio di essere beccati rilevante. In compenso costavano pochissimo, un rublo o un rublo e mezzo. Nel ’58 il fenomeno divenne tale che servì legiferare contro la produzione casalinga e clandestina di dischi che contestualmente venne definita una moda teppista, con particolare riferimento alla subcultura giovanile dei stilijagi (letteralmente: cacciatori di stile) per cui i ragazzi imitavano la moda occidentale, e in particolare quella americana.

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