La legge di Murphy nella Cina di Mao: la campagna di eliminazione dei quattro flagelli | I Domandony


La conosciamo tutti la famigerata legge di Murphy, no? “Se qualcosa può andare male, probabilmente lo farà”. Questo deve essere successo nella Cina del secondo dopoguerra quando ogni scelta presa dal governo sembrò essere la più sbagliata possibile. Nello specifico vedremo qui la cosiddetta “campagna di eliminazione dei quattro flagelli”.

Una delle azioni governative più grandiose della storia è probabilmente quella portata avanti nella Repubblica Popolare Cinese tra il 1958 e il 1961. Con al governo Mao Zedong (almeno inizialmente; nel ’59 verrà sostituito dal moderato Liu Shaoqi, ma poco importa data la sua posizione di leadership all’interno del partito comunista), si attuò “il grande balzo in avanti”, cioè un enorme piano economico e sociale di stampo sovietico-comunista che nei progetti voleva traghettare il paese fuori dal sistema rurale nel quale si trovava ancora in quegli anni per raggiungere finalmente le grandi potenze industrializzate. Il tutto venne associato alla collettivizzazione dei mezzi come in URSS e all’impiego dell’intera società civile nello sforzo collettivo di far crescere il paese. In questo contesto, per creare un paese veramente avanzato, bisognava anche liberarsi di ciò che infestava le campagne e le città, che spesso risultavano ancora piuttosto rurali. Si diede quindi vita alla “campagna di eliminazione dei quattro flagelli”: ratti, mosche, zanzare e passeri.

Se per i primi tre è chiaro comprendere come mai si volesse debellarli, la presenza dei passeri potrebbe lasciare un po’ spaesati. Secondo il governo i passeri sarebbero stati colpevoli di rubare risorse importanti al popolo cinese dato che mangiavano il grano e il riso dei contadini. Questi ultimi vennero allora chiamati a fare la propria parte nella lotta ai flagelli attraverso un sistema inusuale e a costo zero: il rumore. I contadini avrebbero dovuto fare costantemente fracasso in modo da tenere a distanza gli uccelli fino a farli morire di fame o di stanchezza (dopo ore di volo sopra quei campi costellati di pentole e padelle usate a mo’ di percussioni). Il sistema sembrò funzionare. Forse fin troppo bene. Morirono, secondo le stime, circa 8 milioni fra passeri ed uccelli vari, ma quello di cui non si resero subito conto le autorità fu che i volatili mangiavano un sacco di insetti. Mancando i predatori principali, cavallette e affini prosperarono e cominciarono a devastare i campi molto più di quanto avessero mai fatto i volatili. Appena il governo si accorse del madornale errore, fermò la campagna d’odio contro i passeri, ma ormai era troppo tardi per l’equilibrio ecologico delle campagne cinesi. Si aprì quindi una grave crisi alimentare che prese il nome di “grande carestia cinese” (o anche di “i tre anni amari”) e che uccise tra i 14 e i 43 milioni di cittadini.

E gli altri tre flagelli? Per gli insetti, a cui si aggiunsero le cimici che in un secondo momento andarono a sostituire i passeri, si utilizzarono massicce dosi di DDT come, a dirla tutta, veniva fatto in buona parte del mondo. Vennero quindi distribuite delle pompe per spruzzare in giro l’insetticida un po’ a tutti, persino agli scolari. Qualche anno più tardi, com’è ormai noto, si scoprì che il DDT era altamente nocivo anche per l’uomo, finanche cancerogeno. E se fino ad ora si può attribuire il generale fallimento ad una parte di impreparazione o di stupidità, la lotta ai topi sfociò nella furbizia pura. Anche stavolta vennero chiamati alle armi tutti quanti, anche i bambini che venivano ricompensati se riuscivano ad uccidere dei sorci e a portare la loro coda a testimonianza della vittoria. Anche ai contadini venne promesso un obolo in cambio della loro fatica ma ben presto, invece di catturarli, si misero ad allevarli per ucciderli: non solo non risolsero nulla, ma peggiorarono pure la situazione. D’altronde si dice che la necessità aguzzi l’ingegno, no?

Il “grande balzo in avanti” è stata la prima di tre grandi fasi portate avanti durante il periodo di Mao Zedong. Fu la meno efficace e mise la figura del leader al centro di aspre critiche che sfociarono in una dura repressione della libertà di parola e di dissenso. La successiva fase, la cosiddetta “rivoluzione culturale”, fu quella che cambiò davvero il paese portandolo a quello stato di polizia per cui la Cina è oggi tristemente diventata famosa.

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