Daitenku Taro Jurai: la leggenda del Gesù giapponese | I Domandony
Nella vita di Gesù raccontata nel Nuovo Testamento c’è un buco che va dai 12 fino ai 30 anni che lascia aperte molte speculazioni: dov’era? Cosa faceva? Con chi? Perché? A quanto pare la risposta è più semplice del previsto: si trovava in Giappone (con Human Safari o Dario Moccia).
I nipponici non sono particolarmente religiosi e benché molti si definiscano in qualche modo shintoisti o buddisti, 85 milioni di persone (su 127) si dichiara non religioso. Una piccolissima fetta di 2,5milioni di cittadini giapponesi si professa invece cristiana. Nonostante questa scarsa religiosità, nulla ha frenato la leggenda di Daitenku Taro Jurai, il Gesù Cristo giapponese. Chiariamo subito che non si tratta di una versione alternativa del Gesù che conosciamo noi, ma è proprio lui in carne ed ossa. Secondo la leggenda il re della Giudea si trasferì in Giappone quando aveva 21 anni per studiare teologia; approdò quindi al porto di Amanohashidate e presto divenne discepolo di un venerabile maestro che viveva nei pressi del Monte Fuji da cui imparò la lingua e gli usi locali. A 33 anni decise però di tornare a casa per divulgare l’esistenza di quella “terra santa” in cui aveva vissuto. Per qualche motivo assolutamente sensato, la leggenda narra che sia passato dal Marocco. Peccato che la Giudea si trovi in Medioriente.
Venne allora arrestato per eresia dai romani e condannato alla crocefissione ma riuscì ad ingannare i suoi aguzzini e suo fratello Isukiri (nome tipicamente ebraico) prese il suo posto. Di quest’ultimo non si sa assolutamente nulla, nemmeno come sia riuscito a farsi carico della pena del fratello. Scampata la morte per miracolo (🥁), per scappare ad ulteriori persecuzioni Gesù tornò in Giappone percorrendo le terre ghiacciate della Siberia lungo un viaggio durato ben 4 anni. Nella fretta riuscì a portarsi dietro due soli ricordi di casa: una ciocca dei capelli di Maria e un orecchio mozzato del fratello (ma vogliamo lasciarlo in pace o no sto disgraziato?!). Finalmente arrivò ad Hachinohe e quindi nel villaggio di Shingo.
Lì si ritirò a vita privata come quasi fosse in esilio, si diede alla coltivazione dell’aglio (??) e del riso, si fece una famiglia composta da sua moglie Miyuko e da tre bambine; ovviamente non dimenticò la sua natura di buon samaritano e si dedicò all’aiuto dei bisognosi della zona, ma apparentemente senza mai fare nemmeno un miracolo (l’acqua in sakè avrebbe fatto la sua figura). Una delle sue peculiarità, sempre secondo la leggenda, era un naso pronunciato che gli garantì il soprannome, che ad alcuni potrebbe sembrare una bestemmia, di “goblin dal lungo naso”. Infine, morì alla veneranda età di 106 anni e il suo corpo scarnificato rimase per quattro anni su una collina come d’usanza ai tempi. Dopodiché le sue ossa vennero seppellite dove oggi c’è una tomba discretamente visitata ogni anno da circa 20mila pellegrini.
Sembra tutto incredibilmente pazzesco e al limite della follia (o di un film di Mel Brooks) eppure, sempre secondo i racconti, la leggenda sarebbe supportata da un’ulteriore stranezza: il villaggio di Shingo è sempre stato particolare. Si racconta che fin dall’antichità gli abitanti della zona seguissero delle tradizioni e delle usanze diverse dal resto del Giappone. Gli uomini indossavano abiti a tunica simili a quelli tipici della Palestina biblica, le donne portavano il velo e i bambini venivano trasportati in ceste (avete presente “Il principe d’Egitto”?). Inoltre, come simbolo apotropaico gli abitanti del villaggio erano soliti segnare con della tintura una croce sulla fronte e sui vestiti dei bambini veniva ricamato un simbolo simile alla stella di Davide. Tutto purtroppo sembrerebbe però sgonfiarsi velocemente. Questa leggenda sembra spuntare fuori dal nulla nel 1933 quando vennero trovati dei presunti documenti ebraici sulla biografia di Gesù che vennero definiti “il testamento di Cristo”; secondo la cronaca, questi preziosi testi vennero sequestrati dalle autorità e non se ne seppe più nulla.
Per concludere, giusto per apporre l’ennesima ciliegina sulla torta, la famiglia di Sajiro Sawaguchi si ritiene discendente di quel Gesù giapponese ma, nonostante ciò, si definisce buddista.
Daitenku Taro Jurai: la leggenda del Gesù giapponese | I Domandony
Reviewed by Antonio Emmanuello
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16:35:00
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