Adattamento edonistico: il tapis roulant che ci fa essere sempre felici | I Domandony


Vi è mai capitato di desiderare tantissimo una cosa, materiale o immateriale, finalmente ottenerla, scoppiare di felicità e poi… E poi niente, una volta che vi siete abituati non c’è più nessun tipo di trasporto, non come prima per lo meno, e tornate a un livello di felicità “standard”, come se nulla fosse successo. Quello appena descritto si chiama adattamento edonistico e stiamo per provare a capirci qualcosa.

Abbiamo parlato più volte della nostra capacità di adattarci un po’ a tutto quello che ci gira intorno ed è forse una delle più grandi risorse dell’animale umano. Prendiamo ad esempio gli odori: se continuiamo a percepire un odore in maniera persistente prima o poi questo viene escluso dal cervello in modo da lasciare spazio a nuovi olezzi che possano segnalare un pericolo imminente. Allo stesso modo funziona l’adattamento edonistico, chiamato anche “tapis roulant edonico” visto che, come lo strumento da palestra, si procede ma si rimane sempre fermi.

Secondo la teoria formulata per la prima volta dagli psicologi Brickman e Campbell nel 1971, esiste una specie di linea immaginaria della felicità (diciamo che presa una scala sta sul valore di 0 e la lancetta può andare su e giù). Secondo i due ricercatori le nuove esperienze vengono automaticamente comparate alle esperienze precedenti e in base a ciò si genera la felicità (o la sua assenza) spostando di conseguenza la sopraccitata lancetta in alto o in basso. Dopo un po’ però quest’ultima ritorna nuovamente sullo zero poiché entra in gioco l’abitudine e questo perché, ipotizzano i due, ci proteggiamo dal compiacimento. Traducendo quanto detto, potremmo affermare che se stessimo in uno stato di alterazione euforica prolungata, potremmo perdere di vista il resto che ci circonda andando quindi incontro anche a situazioni potenzialmente dannose. Inoltre, se non si tornasse ad un livello base di felicità, si rischierebbe di non prestare attenzione a nuovi obiettivi, talvolta fondamentali per lo svolgimento della vita.

Secondo altri due psicologi, Frederick e Lowenstein, il fenomeno avviene anche in negativo e infatti fanno l’esempio dei civili in paesi colpiti dalla guerra: ben presto le bombe e la distruzione, per quanto desolanti, diventano la normalità e in sè hanno un peso sempre minore nella felicità soggettiva delle persone. Ci sono vari esperimenti a tal proposito, come quelli sui vincitori della lotteria: dopo un picco di felicità iniziale, che può durare anche mesi, si è notato che ad un anno dall’evento che avrebbe dovuto cambiare in meglio la vita dei soggetti, i livelli di felicità tornavano gli stessi dei momenti antecedenti la vittoria. Secondo Diener, Lucas e Scollon esistono poi vari parametri che determinano questo “punto 0” della felicità, influenzata da questioni come la soddisfazione riguardo la propria vita o il benessere soggettivo, cioè l’equilibrio fra piano biologico, piano psichico e piano sociale. Inoltre, secondo altri studi condotti su fratelli gemelli, i ricercatori Lykken e Tellegen hanno avanzato l’ipotesi (dove con “ipotesi” nel campo scientifico non si intende “idea campata per aria”) che almeno il 50% dei livelli di felicità sia determinato dalla genetica.

Se poi vogliamo spingerci verso un concetto un po’ abusato e rovinato dal marketing, non possiamo non fare riferimento alla resilienza, cioè la capacità di resistere alla negatività piegandosi ma non spezzandosi; in poche parole si tratta proprio di adattamento edonistico alle situazioni esterne.

Non mancano ovviamente alcune critiche a questa teoria. Ad esempio, alcuni si oppongono all’idea di un set point della felicità standard a livello soggettivo poiché è stato osservato che questo può essere alterato fortemente dall’uso di droghe. La questione genetica è poi dubbia poiché è stata osservata attraverso dei gemelli che spesso, proprio per il fatto di essere tali, hanno caratteristiche molto simili a livello genetico ed estetico, cosa che potrebbe portarli a vivere lo stesso tipo di esperienze (in senso generico, cioè non importa il singolo evento ma l’insieme). Altri invece mettono i punti sulle “i” per quanto riguarda l’ambivalenza dell’adattamento sia per le questioni positive che per quelle negative, sostenendo che il tapis roulant si attivi maggiormente nelle situazioni piacevoli riportandoci ad uno stato zero, ma agisca meno quando proviamo dei sentimenti negativi; questo, spiegano coloro che sostengono questa versione, è dovuto al bias di negatività, cioè quell’errore logico che ci porta a focalizzarci maggiormente sugli eventi negativi e non su quelli positivi. Se accettiamo questa opzione, potremmo spiegarci come mai quando proviamo un forte momento di felicità torniamo verso lo zero, nel senso che in qualche modo finiamo per farci ingannare dall’alterata percezione dei possibili riscontri negativi e/o da generici fattori sfavorevoli.

PS qualora ve lo chiedeste: si, avviene anche per i rapporti umani. Finita la botta iniziale, ci si abitua alla novità anche se si tratta di una nuova relazione o di un matrimonio a lungo anelato, e sembra che quel sentimento che abbiamo comunemente definito “infatuazione” o “amore” si abbassi notevolmente. In realtà è soltanto adattamento edonistico e ora potete usarlo come scusa quando vi si accusa di non prestare le stesse attenzioni di un tempo.

Adattamento edonistico: il tapis roulant che ci fa essere sempre felici | I Domandony Adattamento edonistico: il tapis roulant che ci fa essere sempre felici | I Domandony Reviewed by Antonio Emmanuello on 16:12:00 Rating: 5

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