L'esplorazione spaziale secondo una persona del 1600 | I Domandony
Ed ora l’ennesima domanda che da anni non vi fa dormire la notte: una persona del 1600 come si immaginava di viaggiare nello spazio?
Per rispondere ci rifaremo alle parole di John Wilkins, autore inglese ritenuto un “genio universale”, cioè quel genere di persona di cultura che riesce ad abbracciare tante discipline diverse, un po’ in stile Leonardo per intenderci. Di base Wilkins era uno studioso versato nella filosofia naturalista, ovvero quella proto-scienza che occupava le grandi menti prima che il metodo scientifico diventasse predominante. Fra le tante altre cose, il filosofo è annoverato come uno dei fondatori della Royal Society inglese, cioè quell'organizzazione di stampo scientifico che raggruppa ricercatori di ogni tipo. È vissuto tra il 1614 e il 1672 e a livello “professionale” era un uomo di chiesa, come molti dei suoi colleghi acculturati del passato: la vita ecclesiastica permetteva infatti un confort tale che ci si poteva dedicare ai propri studi senza particolari incombenze, soprattutto se si apparteneva a famiglie agiate. Oggi, paradossalmente, è conosciuto più per la sua parentela con Cromwell, lord protettore d’Inghilterra che per un periodo dal 1653 al ’59 soppiantò la monarchia inglese; nonostante questo e nonostante nel concreto non abbia rivoluzionato nulla di preciso, il suo contributo è stato comunque importantissimo, a cominciare dai libri di stampo divulgativo riguardanti la cosmologia. E proprio qui ci fermiamo per rispondere alla domanda iniziale.
In un momento storico in cui la gravità non era ancora un concetto molto chiaro, gli scienziati rinascimentali pensavano che l’uomo rimanesse aggrappato al pianeta per via di una qualche misteriosa forza magnetica, ma a questa si poteva sfuggire superando semplicemente la trentina di km sopra la superficie; altrimenti – sostenevano – come avrebbero fatto gli uccelli a volare se l’attrazione non fosse diminuita all'allontanarsi da terra? Contestualmente, nessuno al tempo poteva immaginare come fosse la realtà fuori dalla Terra e infatti nessuno si poneva il piccolo problema biologico della respirazione umana nello spazio cosmico: semplicemente – si riteneva – gli ipotetici avventurieri si sarebbero subito adattati grazie alla purissima aria emanata dagli angeli. Nei suoi libri Wilkins parla poi del mezzo per esplorare l’universo: un carro che sarebbe stato in grado di trasportare alcuni uomini, munito di ruote e di una grande vela sul posteriore. Il tutto era ovviamente lasciato aperto, senza neanche un tettuccio; che vuoi che succeda? Giusto qualche sassolino o un po’ di polvere.
Una volta arrivati sulla Luna, non si capisce bene come, i nostri mirabolanti avi dello spazio sarebbero quindi atterrati sulle ruote e avrebbero quindi usato il carro per esplorare il satellite. Di certo sarebbe stato necessario del cibo, no? Ni: data l’assenza del magnetismo – dice l’autore visionario – non sarebbe stato compiuto uno sforzo tale per cui il cibo sarebbe stato una necessità di cui preoccuparsi troppo. E nel caso, ci si sarebbe comunque potuti mettere in letargo come gli orsi o ibernare – anche stavolta non ci sono particolari dettagli – come alcuni casi registrati nella Germania dei tempi. Ovviamente Wilkins non escludeva la possibilità di portarsi del cibo da casa.
Ma perché intraprendere un viaggio simile? Come teologo, Wilkins non poteva credere che un Dio come quello cristiano avesse creato interi pianeti e corpi celesti come la Luna senza uno scopo; la sua credenza, come quella di molti altri pensatori del passato dopotutto, era quindi quella che ogni mondo al di fuori della Terra fosse abitato da altri esseri. Nello specifico, la Luna era abitata da una popolazione chiamata Seleniti, derivanti dall’antica titanide greca Selene, personificazione della Luna. Quindi il progetto prevedeva di incontrare altri esseri senzienti in una specie di grande spedizione esplorativa multiculturale, ovviamente sotto l’insegna della croce. A ben vedere, nell’anno del signore 2019, nulla è cambiato così radicalmente: semplicemente abbiamo sostituito la croce con la curiosità.
Tutto questo oggi ci sembra un mix di bislaccherie campate per aria e potremmo infatti definire questa una specie di letteratura fantascientifica ante litteram; d’altro canto dobbiamo pur sempre tenere ben presente che sono gli anni del fervore scientifico, benché questo sia ancora un bambino in fasce. Galileo aveva dato una bella spinta ed erano stati fatti molti passi avanti in tantissimi campi che oggi ricadono sotto il generico cappello della scienza. Sono inoltre anche gli anni delle grandi esplorazioni marittime, dei grandi capitani, dei pirati e dei corsari che ispiravano scrittori e pensatori a ragionare oltre ogni limite percepito fino a poco tempo prima come invalicabile.
C’è però una piccola nota di tristezza finale. Deve essere stato bizzarro quando, appena qualche anno più tardi, Robert Hooke e Robert Boyle scoprirono il concetto di vuoto nello spazio, “costringendo” l’uomo del futuro a rivedere le proprie mire esplorative. Se non bastasse, ma “fortunatamente” per lui, morì prima del 1687, cioè quando Newton disse la sua sulla forza di gravità mandando in vacca definitivamente tutti i sogni di Wilkins.
L'esplorazione spaziale secondo una persona del 1600 | I Domandony
Reviewed by Antonio Emmanuello
on
09:58:00
Rating:
Nessun commento