Il Caso Spotlight (2015) | Le Recensiony
Se dovessi
paragonarlo ad una giornata, questo film sarebbe esattamente il dì che mi ha
portato a scrivere questa recensione. Una giornata piena di impegni, di cose da
fare, di studio e di riunioni. Che poi è quel che succede nel film, persone
dinamiche che studiano un caso e tra i pochi indizi riescono a scoprire una
realtà che nessuno sospettava. Ma andiamo per gradi.
Il film si apre in una stazione
di polizia in cui un prete cerca di minimizzare l’accaduto e la giustizia
stessa, incarnata in un giovane poliziotto, rimane incredula di fronte alla
consapevolezza che si sta per compiere una seconda tragedia, quella
dell’omertà.
Stacco.
Ci vengono ora presentati i
protagonisti della storia che si sta pian piano, molto pian piano, componendo.
Nella redazione del The Boston Globe il gruppo spotlight, specializzato in
inchieste, sta cercando il pezzo all’altezza del proprio nome, pezzo che verrà
però trovato dal nuovo capo che fin dalla prima riunione intuisce che si stava
tralasciando una storia promettente. È qui che il suo essere outsider, estraneo
alla città così cara agli altri, gli permette di essere più oggettivo, di poter
vedere oltre le forze che coesistono in un dato luogo, vincoli a cui non siamo
soggetti dall’esterno, ma che anzi siamo in grado di evitare, spingendo gli
altri a fare lo stesso.
Si inizia dunque l’indagine a
partire del caso di padre Geoghan. Contemporaneamente, dopo una prima
presentazione generale, la regia comincia ad inserirci nella vita dei singoli
giornalisti permettendoci quindi di cogliere il cambiamento che coinvolgerà
anche il loro privato lungo l’inchiesta. Le ricerche fanno rimbalzare la
squadra da una parte all’altra, fra avvocati, vittime, vescovi e archivi ed
ogni volta il puzzle si arricchisce di un tassello.
“La Chiesa ragiona in termini di secoli, crede che il suo giornale abbia la forza per affrontarla?”
Ad ogni modo si intravede uno
schema nei movimenti dell’istituzione ecclesiastica, l’anello inizia a
stringersi e si arriva a domande sempre più mirate. L’aiuto poi di una delle
vittime è fondamentale e viene per la prima volta messa in dubbio la
professionalità di quei giornalisti che fino a quel momento erano descritti
come paladini.
“Non è solo un abuso fisico, ma anche spirituale; ti tolgono la fede”.
Vengono svelati man mano i vari
sotterfugi messi in gioco, attraverso vie extragiudiziali che non lasciano
tracce, aumenta il numero dei predatori e un professionista arriverà ad
affermare che si tratta di un vero e proprio “caso di rilevanza psichiatrica”.
Si nota sempre di più come i
tentacoli religiosi arrivino ovunque e spesso vittime e carnefici vivono fianco
a fianco e più di una volta la regia indugia su quest’aspetto facendoci notare
come vicino ad ogni chiesa sorga un parchetto, come vicino ad una scuola si trovi
un prete che ammette senza nessuna vergogna i suoi gesti.
“Se serve una comunità per crescere un bambino, serve una comunità per abusarne”.
L’energia della squadra è in
grado poi di coinvolgere altri elementi che si riveleranno fondamentali per quella
fame di verità che arriveranno tutti ad agognare. Ed è proprio grazie all’aiuto
di un avvocato che, mediante un sotterfugio legale, si riesce ad accedere ad
alcuni documenti secretati, “ma questa è Boston e la Chiesa non vuole che quei
documenti si trovino”. È interessante, per il quadro generale, come Boston, una
città non proprio modesta, venga descritta come una cittadina, come una piccola
entità dove il prete, il farmacista e il sindaco sanno e provvedono a tutto. Ma
Boston è una città ben più grande e a ben pensarci questo non fa altro che
farci comprendere la capillarizzazione della Chiesa negli affari umani.
“Solo il 50% degli ecclesiastici è casto; molti hanno rapporti con adulti, ma altri…”
Attraverso continui dietrofront,
rallentamenti, inciampi e minacce si riesce infine a giungere ad un brandello
di verità che può dare inizio a tutto il resto.
Le rotative girano a pieno ritmo,
i furgoni sono carichi di copie pronte alla lettura, ma nonostante questo la
consapevolezza che il male non è stato affatto estirpato frena l’entusiasmo. La
strada è però lastricata ed ora è solo da percorrere insieme alle decine di
vittime che grazie al lavoro di alcuni, riescono ad avere quel coraggio che si
era loro negato per tutta la vita.
Contrariamente a quanto si possa
pensare di primo acchito, il film non si scaglia contro la religione a tutto
tondo, anzi. Se la prende con quell’istituzione che infanga una tradizione
millenaria che è tanto un sostegno per alcuni, quanto una tragedia per altri.
Si attacca la finta fede che incrina la credibilità dell’intero ordine, ma la
colpa non è solo dei preti, della Chiesa, degli avvocati che hanno difeso
simili nefandezze; la colpa è anche di quel corpo giornalistico che ha chiuso
gli occhi dinnanzi gli indizi. La colpa non è solo di una religione che fa da
copertura, ma della stessa società che finge di non sapere, che si gira
dall’altra parte, che preme sulle vittime accusandole di mentire. Gli va poi
riconosciuto il merito di non mirare alle lacrime, ma nondimeno punta all’indignazione,
che se vacua ha la stessa valenza di un pianto hollywoodiano.
La pellicola è solo l’inizio, è
un invito allo spettatore, un invito che ci viene praticamente esplicitato quando
ci viene ricordato che tutta la
documentazione è online, a portata di mano. È quindi uno di quei film che pur
non essendo capolavori, pur essendo pesanti, tanto nell’argomento quanto nella
narrazione, fungono da incipit ad una ricerca personale più ampia. È dunque
un’opera che apre gli occhi e risveglia la morale che talvolta dorme tra le
braccia del male.
Il Caso Spotlight (2015) | Le Recensiony
Reviewed by Antonio Emmanuello
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