La scoperta più inflazionata della storia: l'America non è solo di Colombo | I Domandony

Nulla toglie a Colombo i suoi meriti nell’aver chiarito una volta per tutte che ad ovest dell’Europa ci fosse qualcosa che non era ancora Asia, ma già ben prima di allora, 1492, qualcuno aveva messo piede in America. Abbiamo già parlato della scoperta di Vinland da parte di Leif Erikson, vichingo che nel 1000 arrivò nell’attuale Terranova (Canada) con 35 uomini. Ancora prima però forse i romani avevano già messo piede sul continente; quest’affermazione deriva dal ritrovamento di almeno due diversi gruppi di oggetti. Da una parte ci sono delle giare in Brasile che richiamano le anfore romane, ma alcuni sostengono possano essere vasi di epoca spagnola; altre possibilità invece prevedono una deriva di alcune merci caricate su una nave romana affondata a seguito di un non meglio specificato incidente. Queste avrebbero quindi viaggiato dalle Canarie (Africa occidentale) verso il sud America. Il secondo ritrovamento interessante è la testa Tecaxic-Calixtlahuaca, una statuetta rinvenuta vicino a Città del Messico e scoperta nelle fondamenta di un edificio di epoca pre-coloniale risalente, la struttura, ad un periodo che va dal 1476 al 1510; questo significa che, se la testa fosse stata già lì da prima dell’arrivo degli europei, allora deve esserci arrivata molto tempo prima in qualche altro modo. A livello artistico sembra risalire alle opere del secondo secolo ma del come sia finita lì non si hanno molte spiegazioni; John Paddock, professore all’Università dell’Arizona, smorza l’euforia sostenendo si trattasse di uno scherzo di uno studioso che lavorava nella zona.
Prima di passare ad altre prove di tipo storico, è interessante vedere alcuni dettagli che arrivano da alcuni incastri particolari. In Polinesia, ad esempio, esistono alcune varietà di patata dolce che possono provenire solo dall’America meridionale ma sono in Asia da ben prima che gli europei si affacciassero in quel territorio; c’è chi presume che abbiano viaggiato attraverso l’oceano fino a raggiungere le coste polinesiane. O ancora, potrebbero essere arrivate tramite alcune spedizioni degli autoctoni che avevano navigato fino in sud America. Analizzando le patate presenti sul territorio, effettivamente si può notare come quelle odierne possano essere fatte risalire ad almeno due periodi diversi: pre e post coloniale. Il contatto fra queste zone sembrerebbe ulteriormente avvallato anche da delle somiglianze linguistiche tra gli idiomi nativi del sud America e polinesiani. Ci sono due termini nello specifico: il primo si riferisce alla sopraccitata patata che ha un suono molto simile nei due luoghi; il secondo invece indicava un’ascia di pietra e anche stavolta ha un suono molto simile fra i popoli oceanici, la Polinesia e il sud America. Si potrebbe quindi ipotizzare che ci siano stati contatti in qualche misura frequenti fra questi gruppi. Se non bastasse, ci sarebbero anche delle prove genetiche in alcuni teschi ritrovati sull’Isola di Pasqua che indicherebbero un vero e proprio mix di culture, anche a livello sessuale. Su Nature nel 2015 è poi uscito un articolo riguardo la somiglianza genetica di alcuni nativi amazzonici con gli indigeni australiani.
Ci sono poi le mummie peruviane imbalsamate in una resina vegetale che si trova solo in alcune piante dell’Oceania e della Nuova Guinea; queste risalirebbero al 1200 secondo gli esami al radiocarbonio effettuati ad Oxford. E ancora, oggetti in bronzo ritrovati in Alaska, luogo in cui non veniva abitualmente lavorato e ciò suggerirebbe quindi uno scambio con la Cina, la Corea e la Russia.
Ma bando alle ciance perché c’è ancora un altro grande testimone che riporterebbe agli europei un po’ di prestigio in questa scoperta epocale: Marco Polo. Da alcune mappe scomparse, rinvenute e pubblicate solo negli ultimi anni, si è vista una strana somiglianza fra i disegni di Polo e le coste dell’Alaska. Nei resoconti di Polo le mappe non abbondano affatto e a ben vedere i 17 anni di esperienza con il gran Khan sono raccontati in un’opera di dimensioni modeste per la mole di informazioni; non per nulla lo stesso Marco Polo sostiene di non aver raccontato neanche la metà di ciò che ha vissuto. Bisogna però andarci molto cauti perché le mappe in questione sembrano risalire al 15esimo o 16esimo secolo, e questo le renderebbe dei falsi, ma! Sembrerebbero d’altro canto delle copie delle originali. Un altro aspetto poco chiaro è poi la storia che c’è dietro: sembrerebbero essere state portate in America da un certo Marciano Rossi, sarto e padre di sei figli che come immigrato si stabilì in California sul finire del 1800; egli sostiene di averle ricevute da un non meglio precisato ricco uomo che conosceva. In queste carte compaiono però alcuni indizi, come la parola cinese “fusang” che sembrerebbe indicare proprio l’America, e altri dettagli così particolari che lasciano gli studiosi stupefatti, ma comunque all’erta.
Ci sarebbe ancora la storia di Henry Sinclair I, conte delle Orcadi, nobiluomo metà scozzese e metà norvegese che si dice abbia messo piede in America 100 anni prima di Colombo. Detto questo però sta di fatto che Cristoforo è stato il primo esploratore ad instaurare un rapporto continuativo e purtroppo negativo con il nuovo mondo. E ora un plot twist finale, con tanto di cliffhanger: Secondo alcune speculazioni sembrerebbe che quella di Colombo non si sia trattata di pura casualità o (s)fortuna ma che ci sia stata una soffiata misteriosa a guidare la scoperta che lo ha reso immortale. Ma questa è una storia per un altro post.

La scoperta più inflazionata della storia: l'America non è solo di Colombo | I Domandony La scoperta più inflazionata della storia: l'America non è solo di Colombo | I Domandony Reviewed by Antonio Emmanuello on 10:30:00 Rating: 5

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