Il Libro della Vita (2014) - Le Recensiony
Se dovessi paragonarlo ad una giornata, sarebbe la prima domenica del mese, quella dei musei gratis che ti danno il doppio piacere di scoprire qualcosa di nuovo, inaspettato magari, senza dover fare nessuna fatica, da una parte economica, dall'altra intellettuale.
Il film è quindi consigliato per la seconda domenica del mese, quando i musei si pagano.
Il film infatti è piuttosto semplice nella narrazione, non per nulla è un'animazione rivolta probabilmente ad un pubblico di ragazzini, dell'età della scolaresca che fa da cornice alla fabula, ma che non lascia indifferente i più grandi. Colori accesissimi, una CGI degna di nota, magari non quella iper-realistica delle mejor, magari non arrotondata come quella dei grandi produttori, ma spigolosa e tagliente come la cultura che racconta.
Una nota interessante è la regia di Jorge Gutierrez, che ovviamente vi starete chiedendo chi è, e avete ragione. Ha lavorato per "mucha lucha", una serie sulla lotta libera con protagonisti tre bambini (e le ciambelle!), una perla nel suo genere, e per Brandy & Mr. Whiskers. Il tutto sotto l'occhio attento e paffuto, le malelingue diranno che sia solo a fini pubblicitari, di un produttore d'eccellenza, quale Guillermo Del Toro, che ha invece alle spalle molte produzioni in questo settore (Kung Fu Panda, Il gatto con gli stivali, Le 5 leggende).
Come dicevo, la narrazione è semplice: impostata su due livelli, la cui cornice sono dei ragazzini particolarmente impetuosi che però si lasciano ammaliare dal fascino di una guida, che si rivelerà essere di un certo calibro. La signorina dunque cerca di catturare la loro attenzione raccontando "la storia più antica del mondo", due amici che si contendono le attenzioni di una ragazza che sarà poi costretta a lasciare il paese per studiare, tornando anni dopo, e qui la narrazione salta mostrandoci rapidamente le vite dei due ragazzini nel frattanto, più bella che mai e piena di sorprese.
Nell'intreccio si inseriscono fin da subito due figure mitiche della cultura mesoamericana, la Muerte, una donna bellissima nonostante la nomea, signora della terra dei ricordati, e Xibalba, suo marito fatto di catrame e padrone del regno dei dimenticati. I due scommettono su chi alla fine farà breccia nel cuore della fanciulla, e ovviamente vedremo come il cattivo cercherà di usare ogni sotterfugio pur di vincere la scommessa, che gli farà ottenere il dominio sul regno della sua consorte.
Detto ciò, la trama si svolge in maniera abbastanza lineare, ma non è tanto questo che mi interessa affrontare, ma piuttosto il retroscena che riesce a creare.
Il tutto è ambientato nel giorno dei morti, giorno triste per antonomasia nella cultura cattolica occidentale, ma non nella cultura sudamericana, soprattutto precolombiana. È un giorno, o meglio, un periodo, considerando che in origine erano più mesi di festeggiamenti, gioioso, dove i defunti non sono mai veramente altrove, ma sempre lì, dove c'è qualcuno che li ricorda.
Questo viene detto esplicitamente nel film, e la stessa San Angel, la città al centro del Messico, sorge proprio sopra il mondo dei ricordati. È interessante il contrasto con la cultura claustrofobica cristiana che rende una tale occasione nefasta e lugubre, fatta di ricordi lacrimevoli e dolore, contro i colori accesi, il cibo abbondante, i canti di quella cultura che dall'alto riteniamo semplice, e che invece riesce ad accettare senza colpe una situazione naturale.
Inoltre non mancano i richiami ad opere classiche, la morte di uno dei protagonisti per salvare l'amata, riprende l'Orfeo ed Euridice di Virgilio, anche se qui non si scende nell'Ade per salvare l'amata, ma si risale in maniera catartica, quasi una metafora sull'affrontare la morte stessa, per tornare da lei. Qui la donna non ha bisogno di essere salvata in senso materiale e/o maschilista, qua la donna viene vista in maniera moderna, capace di difendersi da sola, che sfodera le armi, che non ha bisogno di un uomo, ma si lascia corteggiare.
In tutta la narrazione sono presenti temi che possiamo considerare moderni, come l'animalismo di Manolo verso i tori che dovrebbe uccidere, o ancora il suo pacifismo fatto di musica invece che di armi.
Proprio le musiche, infine, arricchiscono la visione con le continue citazioni pop ad Elvis, a Rod Stewart a Placido Domingo rielaborate da Diego Luna e Santaolalla che riescono ad integrare musiche dell'immaginario moderno con arrangiamenti molto sudamericani.
Il film è uno spaccato davvero interessante di una cultura allegra, che non sembra piangersi addosso, che abbina i colori sgargianti a tragedie come la morte. Ma non manca forse un velo di critica verso quello che è il mondo moderno, dove le tradizioni vengono abbandonate perché storicamente vetuste, e si lasciano sbiadire i colori per rivelare il grigiore delle grandi città.
Il film è quindi consigliato per la seconda domenica del mese, quando i musei si pagano.
Il Libro della Vita (2014) - Le Recensiony
Reviewed by Antonio Emmanuello
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