The Pills: sempre meglio che lavorare (2016) | Le Recensiony


Se dovessi paragonarlo ad una giornata, sarebbe il primo martedì di novembre, quando per le strade pavesi i goliardi fanno casino, si divertono, liberano i più giovani e sostanzialmente te fanno riddè.


Stessa cosa i tre ragazzi romani, fanno casino per tutto il film, si divertono una cifra sia in scena che fuori, liberano i coetanei e tutta la fascia d'età della post-adolescenza dal peso del sentirsi soli, gli unici a non voler crescere, e infine fanno tajà per tutto il tempo. Ma con riserva.


Il film si apre con i tre in versione bambina che si comportano come siamo abituati a vederli, in una metafora allo specchio di loro stessi: adulti che si comportano come ragazzini. Qui giurano di non affrontare la vita e di non affrontarla insieme, e tutto si tinge in scala di grigio.

Arriviamo ai giorni nostri dove i tre si accorgono del tempo che passa non riuscendo più a fare quello che fin dall'insuperabile pubertà facevano e qui si diramano tre storie differenti:

Luigi che non vuole andare avanti

Matteo che è costretto a crescere

Luca, inizialmente viene convinto ma poi, vuole diventare un adulto

Le loro strade si dividono come compagni di una vita e prendono colore, e finalmente (non che non si capisse) e magistralmente viene spiegato perché l'uso di questo bianco e nero, anche se sappiamo tutti che il motivo è che non c'avevano sbatti di fare la color correction. 

Ognuno prende la propria strada finchè uno dei tre, trasferitosi a Milano, cosa che già fa intuire quanto sia grave, costringe gli altri due a partire al salvataggio. Tutto ritorna in b/n e arriva la cicorietta.

Era da Pirandello e la sua vecchia che non avevamo una metafora tanto bella; la cicorietta non è più lo scazzo di tua madre che quel giorno non ha voglia di cucinare, no. La cicorietta adesso ti piace e quindi forse hai sbagliato tutto fino a quel momento, e forse le cose che prima non ti piacevano, ora riesci a contemplarle. Credo che sia in sostanza il loro messaggio: ci siamo divertiti su internet, abbiamo fatto i cazzoni, adesso siamo al cinema e ci facciamo il culo. Ma con riserva.

Il film è prodotto da Valsecchi. Valse-chi?! Quello che ha messo i soldi per il tanto odiato dai radical-chic e apprezzato dalla moltitudine, Checco Zalone, con i guadagni del quale è riuscito a finanziare un progetto ambizioso, fin troppo per la riserva finale, elevando così tre ragazzi, consideranti come youtuber, quindi perdigiorno a detta di molti, a veri e propri professionisti. Professionisti che stanno già suscitando polemiche, a cui purtroppo i tre romani hanno risposto con una mancanza di stile, che non ci si aspetta da loro. Cioè, li si può ben capire nel voler pararsi un po', ma le critiche, anche le più becere (perché di certo non è giusta quella critica in particolare), vanno accettate e poi si lascia decidere al pubblico.

La riserva.

Il film è un capolavoro, come tutti i loro corti. Ma per i fan. La loro comunicazione è pressoché perfetta, non per nulla il bretellato Luiggi di Capua è laureato in questo, ma rivolta a chi li conosce e diventa difficile per un novizio, potersi avvicinare a quella comicità così di botto. Come quando uscì uno dei loro primi video divenuti virali, "il buio oltre le hogan", seguito da "le colline hanno le hogan". Una comicità nuova che ti fa ridere, ma è col tempo che apprezzi completamente. È conoscendo Luigi che capisci perché non vuole il kebab, è conoscendo Luca che capisci perché sta pulendo il bagno con uno spazzolino alla "full metal jacket" o alla "Forrest Gump", è conoscendo Matteo che capisci che je piacciono le vecchie. È un film per i fan, ma fatto perfettamente; musica, che forse sbagliando, ho definito dapprima come "nulla di particolare", ma probabilmente è la sua integrazione con l'immagine che non la fa emergere come uno strato diverso dal visivo; citazioni che si sprecano, da Mastroianni ad Aldo, Giovanni e Giacomo, non manca neanche il tema forte della crescita, o del non volerlo fare, del passaggio d'età e della presa di responsabilità che presto o tardi logora (il padre di Matteo ne è l'esempio), il tutto condito dall'effervescenza (è dai tempi di Corrado che non lo si sentiva) dei tre goliardi.

È un ottimo primo film, con riserva.

Il mondo si tinge di grigio e tutti a dormire, anche se è giorno.
The Pills: sempre meglio che lavorare (2016) | Le Recensiony The Pills: sempre meglio che lavorare (2016) | Le Recensiony Reviewed by Antonio Emmanuello on 15:00:00 Rating: 5

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