In Cerca di Amy (1997) | Le Recensiony
Se dovessi paragonarlo ad una
giornata, questo film sarebbe una di quelle volte in cui capita di ritrovare un
vecchio amico. Un amico che hai imparato a conoscere e che ti ha introdotto nel
suo mondo.
Questo è quel che fa Kevin Smith,
il regista, in ogni suo film (della prima e seconda stagione, per così dire;
oggi si è dato ad altri generi). Crea un tassello in più, arricchisce un mondo
omogeneo, fatto di personaggi ricorrenti ma allo stesso tempo di attori che
interpretano parti diverse. Se in "Dogma" Matt Damon è un personaggio
fondamentale, qua farà una comparsata; se in "Clerks" Brian
O'Halloran interpretava un Dante comico, non della Commedia, qua è un tizio che
parla venti secondi. Rimane sempre e comunque un enorme filo conduttore, che
lega tutti e che fa da deus ex machina ad ogni storia. Una volta salva il
mondo, un'altra picchia internet e stavolta invece fornisce la chiave di
lettura. Ma ci ritorneremo.
Il film si apre ad un comicon, una
fiera del fumetto. Da notare l'immane, l'enorme, la morbosa passione di Smith
per questo mondo. Teniamo ben presente che ha finanziato il suo primo film,
"Clerks", vendendo i suoi fumetti per 27mila dollari. Fortunatamente
sforna una perla e li ricompra.
Qui Banky, l'inchiostratore, viene
preso per ricalcatore dal quel pubblico che ama i suoi lavori ma non il suo
lavoro. Nel bel mezzo di una conferenza di un altro fumettista, il furore nero,
ci vengono presentati i personaggi.
Siamo negli anni novanta, anni in
cui si comincia a sdoganare qualsiasi cosa; siamo inoltre in un'ambiente per
sua natura emarginato e proprio per questo essere messi ai lati, si mantengono borderline,
pur sempre affacciandosi sul pubblico che sta nel mezzo, che non li
accetterebbe se sapesse quel che sono in verità .
Questo è in sintesi il personaggio
di Hooper X, nero e gay, giusto per far tremare il pre-duemila, che finge di
essere un Malcom X dei fumetti, fiero, duro, razzista contro i bianchi ma
sempre in giro per locali insieme a questi visi pallidi, ovvero Banky e Holden,
il vero e proprio protagonista. Proprio in questi locali il nostro giovane, ma
non troppissimo, Holden scopre di essersi innamorato di Alyssa, una collega
incontrata alla fiera. Ma…
E ancora, sempre in questi locali,
si parla continuamente di sesso come fossimo al bar, e in effetti loro lo sono
per gran parte del tempo. Dialoghi spettacolari al limite tra demenzialità e
genialità , volgari ma razionali, intervallati da intermezzi sessuali in bianco
e nero.
Nel frattanto Banky, che non aveva
dimostrato grande simpatia per la nuova arrivata, sardonicamente sfida Alyssa
sullo stesso campo, e nel contempo Holden, amareggiato, ne perde interesse.
Ma questa scena viene ben presto
spazzata via dalle successive. Il che spiazza un tantino in effetti, sembrando
quasi non essere collegate.
Holden e Alyssa cominciano a
frequentarsi, escono, si divertono con tanto di rapida carrellata di scene di
una quotidianità sempre più intima mentre Banky, burbero come al solito, è
sempre più geloso e infastidito da questo loro rapporto. Rapporto d'amicizia
che ben presto, o tardi, non è meglio specificato il tempo che passa, si
intuisce solo che passa, diviene troppo stretto per il protagonista che
esploderà di ritorno a casa e sotto alla pioggia mentre la disegnatrice fugge.
Ma non fugge da lui, bensì da quel che sconvolgerebbe il suo mondo. Questo,
proprio questo è il modo di sottolineare la normalità dell'omosessualità .
Apriamo una parentesi.
Ho da poco visto "The Danish
Girl". Carino, nulla di più. E dico carino perché mi è piaciuta la
fotografia leggermente "smarmellata", leggermente simmetrica o
asimmetrica, talvolta, per quei colori sempre alla giusta temperatura. Il resto
è quasi noioso. Comunque, non è questo il punto. La questione sta nel
fallimento, sta nel non saper rendere normale, naturale direi, quel che doveva
esserlo. Se è vero che Lili si sente naturalmente donna, benchè fosse
anagraficamente uomo, la regia, o la sceneggiatura, non gli rendono giustizia.
Anzi, la rendono a momenti fastidiosa, un'imitazione di una femminilità che non
ha. Deve imparare ad essere donna, invece che esserlo e basta. Come se l'essere
donna significhi essere fine ed elegante come nei movimenti della prostituta
attraverso la finestra. Gesti che cerca di imitare in una parodia che non mi fa
capacitare del successo che gli si attribuisce. Detto questo, capisco anche il
periodo storico diverso, ma ad ogni modo molte cose non reggono. Né come film a
sé, né come biografia di una donna forte e coraggiosa, e non di un Redmayne
sopravvalutato, almeno in questo film. Il suo Stephen Hawking in compenso mi è garbato,
anche grazie alla stima verso lo scienziato.
Ritornando a noi, Smith a
differenza di Tom Hooper, regista di “Danish Girl”, meglio specificare visto
che uno dei personaggi si chiama come egli, riesce a rendere tutto naturale. Si
parla di sesso, si parla di penetrazione sessuale ed emozionale come se non
fosse nulla di strano. Ci si prende in giro, senza perbenismi, come si farebbe
tra amici, in una conversazione qualunque. E sono i dialoghi il punto forte del
film, e di Smith come regista. Sempre al limite in tutti i sensi.
Sconvolgere il di lei mondo
significa tornare sui propri passi. E difatti, benché fuggita nella direzione
opposta, tornerà indietro.
Banky non la prende bene, infatti
"un conto è leggere la merda, un altro è doverla assaggiare e
conviverci". E le critiche che prima muoveva alla ragazza di cui l'amico si
è innamorato, ora si trasformano in battaglie contro l'amore stesso.
Il disagio è comunque palpabile
tanto che Alyssa smetterà di usare i pronomi per riferirsi all'amante e quando
le amiche vengono a sapere della cosa, si comportano esattamente, se non
peggio, come un qualsiasi omofobo. L'allontanano. Ancora una volta si
sottolinea come siamo tutti uguali, anche quando vogliamo sentirci diversi. Si
evidenzia quindi la naturalezza.
La coppietta viene sconvolta, come
se non bastasse, dalla scoperta del passato della compagna, o meglio, del suo
soprannome giovanile.
Holden prova a non crederci,
fallendo miseramente alla partita di hockey dove arriva il pugno in faccia
dalla maglia numero 12.
Parafrasando, a lei nessuno ha dato
la mappa, ha dovuto provare tutto per trovare lui. Ma la fiducia è ormai
compromessa e si arriva all'inesorabile.
Ed eccoli finalmente.
Dopo aver salvato il mondo, dopo
aver picchiato internet (anche se deve ancora succedere, ma sorvoliamo), come
preannunciato ecco i nostri paladini: Jay e Silent Bob. Spettacolari e
sbroccati come sempre. Nulla da aggiungere. Arrivano, trascinano il filo
conduttore che collega questo agli altri film ponendoli in uno stesso mondo, ci
danno la chiave di lettura e se ne vanno.
Ah si, Jay mangia il sale a
cucchiaini.
Holden allora va in cerca della sua
Amy, riunisce le due persone per lui più importanti verso le quali si sente di
essere stato ingiusto.
"Non scalciare Banky,
accettalo".
La sua soluzione è una sola,
un'unica che risolverebbe tutto. Catartica, che li farebbe sentire più uniti.
Ma Alyssa non può accompagnarlo in questo percorso, non è la sua troia.
Come dicevo, il film è basato sui
dialoghi più che sull'azione dei personaggi. Non per nulla spesso non c'è
movimento, se non quello delle corde vocali. Si sta spesso seduti, tutto
succede mentre la telecamera ci si mette praticamente di fianco o davanti come
se fosse parte del cast, fosse un personaggio. Riprese che inoltre richiamano
l'amatorialità che contraddistingue Smith, un grandissimo regista che purtroppo
o per fortuna vive nell'ombra dei cult che produce. Molti conoscono il
"Gesù compagnone" di "Dogma", ma pochi sanno da dove
arriva, per dirne una. I suoi personaggi sono reali, stupidamente verosimili,
tragicamente tangibili. E ancora una volta voglio sottolineare la bravura con
cui riesce a rendere tutto naturale. Si, lo so. Ho abusato della parola, ma è
quella che ci sta meglio. Potrei quasi direi che è naturale usarla.
*Hahaha pubblico in delirio. Grasse
risate. Così grasse che hanno bisogno di due diete. Con una non si saziano.*
Si mette in scena lo "stupido
orgoglio maschile" nonostante lei, Alyssa, abbia fatto tutta quella strada
da sola. Se per entrambi è naturale innamorarsi di una donna, per lei non lo è
il contrario. E si giunge fino a demolire quel muro sottile fra amicizia e
amore, anche dello stesso sesso, che ci fa dubitare della sessualità di Turk e
JD di "Scrubs".
Un anno dopo, tra sospiri, sguardi e gesti sono nuovamente al comicon da cui erano partiti, sempre più confusi.
In Cerca di Amy (1997) | Le Recensiony
Reviewed by Antonio Emmanuello
on
13:53:00
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